Spammer, Troll e Fake: come (ri)conoscere gli utenti di una community?

Nell’ultimo approfondimento sul Community Management, abbiamo iniziato a prendere confidenza con il Community Listening, e con la rilevanza che quest’attività può avere nel massimizzare i risultati della digital strategy. Ci siamo soffermati sugli aspetti quantitativi del processo mentre oggi ci focalizzeremo sugli aspetti qualitativi. Se in prima battuta ci siamo chiesti: “Quante azioni fanno i nostri utenti?”, la nuova domanda è “Quali azioni fanno?”.

Trollo ergo sum

Se la prima clusterizzazione proposta, indaga il grado di attività degli utenti e si basa sul numero di interazioni degli stessi (classificazione degli utenti in dormienti o attivi), la seconda ha il suo focus sul comportamento. Tale classificazione non esclude la prima ed è uno strumento potente per interpretare le dinamiche utente-utente e le relazioni che si vengono a creare. Entriamo nel merito, con un elenco analitico delle principali categorie che possiamo riscontrare in una community:

  • Flamer: è un utente presente in community al solo scopo di provocare e scatenare reazioni impulsive, e scomposte negli interlocutori, reazioni che possono rovinare lo sviluppo del thread e inaridire la discussione (ma talvolta l’accendono, da qui il termine flame).
  • Spammer: è chi reitera lo stesso contenuto (testo o immagine che sia) in maniera continuativa. Il comportamento di uno spammer può essere razionale (si fa spam a fini commerciali) o patologico (si copia e incolla il messaggio, nella speranza di imporsi all’attenzione della community). Lo spammer si presenta in maniera continuativa, dilatata nel tempo (ad esempio una volta all’ora, per tutto il giorno, tutta la settimana). Con Community numerose, senza un database che circoscriva gli utenti (e le attività) più critiche, individuare il fenomeno diventa quasi impossibile.
  • Fake: l’utente si diverte ad avere più identità virtuali anche millantate. Nel caso in cui l’utente voglia portare avanti una doppia vita nel rispetto delle regole della “casa”, possiamo anche non porci il problema. Spesso invece la seconda vita dell’utente può avere un fine negativo come giocare a fare il flamer, evitando però che il suo account personale possa essere bannato, fino ai casi più critici di furto di identità virtuale.
  • Troll: è molto simile al flamer. Mentre il primo porta avanti delle vere “religion war”, il comportamento del troll ha confini più vaghi. Si pone in modo irriverente verso la community, per irridere una conversazione, cui finge di partecipare, uscendo volutamente fuori tema o usando frasi ‘nonsense’. Spesso si contraddistingue per il flood (sfociando in una forma di spam “più creativo”) e le sue esternazioni nonsense vengono ripetute in continuazione o in più luoghi di discussione.
  • Il guru: in ogni community possono esserci utenti più competenti degli altri. La competenza non va intesa in senso restrittivo e professionale. Nelle community verticali, ma anche in quelle ludiche o generaliste, categorizziamo in questo modo persone che possono aver maturato una particolare esperienza su un uno specifico tema, dal lavoro che svolgono alla passione che coltivano (ad esempio: videogiochi, statistiche, App per android etc.) o che semplicemente risultano particolarmente apprezzati da gran parte della community. Riuscire a individuarli e a fidelizzarli, magari gratificandoli e valorizzandoli, può garantire una produzione di contenuti di qualità “a costo zero”.
  • Chissà che tra questi non possa nascondersi un futuro opinion leader, di quelli a cui oggi è ormai stata dedicata un’intera branca del marketing: l’influencer marketing.

Di seguito un esempio di tabella, per suggerirvi un possibile modus operandi:

Community Management: tabella di classificazione degli utenti
Community Management: tabella di classificazione degli utenti

 

Perché è utile profilare gli utenti?

Profilare una community è un’operazione di rilevanza strategica.

Dal punto di vista delle opportunità individuare influencer all’interno della community, può farvi ottenere notevoli vantaggi competitivi nelle vostre azioni di branding. Dal punto di vista dei rischi, perdere di vista i soggetti  “pericolosi” significa lasciare che siano gli altri utenti a trovarli e quando accade, il danno è fatto:

a). gli utenti protestano, aggrediscono il disturbatore, alzano i toni e “sporcano” il thread (regalando un’immagine pessima alla community);

b). abbandonano la community (e una community meno è frequentata meno “vale”anche in termini economici);

c). attribuiscono a voi (e voi siete il brand) la responsabilità di quello che sta accadendo.

Non occorre pensare che queste dinamiche, anche se apparentemente simili a beghe di un condominio virtuale, siano “altro” dal business dell’azienda o brand di cui curate gli interessi. Immaginate di voler vendere uno spazio banner all’interno della vostra community verticale. Secondo voi una community con 10 accessi al giorno e un’altissima frequenza di rimbalzo avrà lo stesso prezzo di una community con 1.000 accessi al giorno e un elevato tempo di permanenza?

Il dibattito è aperto, aspettiamo i vostri commenti (purché non siate flamer!).

 

Fatevi
sentire.

La vostra crescita parte da qui. Senza obblighi, senza bisogno di dettagli, iniziamo a conoscerci. Scriveteci e vi contatteremo, pronti ad ascoltare. E a proporre. Scoprirete cosa Viralbeat può fare per voi.