C’è ancora speranza per il congiuntivo? Intervista alle Social Media Manager dell’Accademia della Crusca

Intervista alle Social Media Manager dell'Accademia della Crusca

Qualche giorno fa, all’ennesimo post splendido (direi anche magistrale, per conservare il gioco di parole) sulla pagina Facebook dell’ Accademia della Crusca, quasi per scherzo sono andato a commentare: “Posso intervistare i vostri social media manager?”

Nel giro di pochi minuti mi vedo aggiunto e contattato da Vera, che si occupa dell’account Twitter, e mi fornisce subito le informazioni utili per l’intervista. A quel punto decido di proseguire, perché vi voglio davvero presentare due persone che molti di noi possono definire colleghe, e svolgono sempre un ottimo lavoro pur avendo un ente molto delicato da rappresentare. Inoltre, le loro pagine sono un ottimo caso di studio da archiviare, e sembrava giusto andare ad approfondire e scoprire chi sono, da dove vengono e in che modo lavorano.

Come vedrete, nelle loro risposte ci sono anche delle sorprese, elementi che in pochi si sarebbero aspettati. E poi c’è una rassicurazione per tutti quelli che amano la lingua italiana e si dispiacciono sempre a vederla maltrattata: c’è ancora speranza!

Non mi voglio dilungare, passiamo all’intervista. E permettetemi di ringraziare Vera e Stefania per la disponibilità e la sincerità con cui hanno risposto.

1. Prima di tutto vi chiederei di presentarvi. Chi siete? Cosa volete? (Un fiorino)

V: Vera Gheno, 39 anni, dottore di ricerca in linguistica. Dalla tesi di laurea in poi mi sono occupata soprattutto di comunicazione mediata dal computer (alla fine degli anni Novanta c’erano i newsgroup, le BBS, poi le chat…), in particolare dal punto di vista (socio)linguistico. Lo sbocco sui social network è stato, di conseguenza, praticamente naturale.

S: Stefania Iannizzotto, 39 anni, dottore di ricerca in filologia moderna. A differenza di Vera non ho un “rapporto di studio” con la cmc, mi sono sempre occupata di toscanizzazione in Sicilia nel Cinque-Seicento e di storia dell’italiano ottocentesco, un po’ di italiano trasmesso (in particolare della lingua della televisione) e adesso anche di semplificazione del linguaggio amministrativo e professionale. A dirla tutta, mi sono laureata con una tesi su Leopardi (con cui ho vinto il premio bandito dal Centro di Studi Leopardiani!), ho un master sul libro antico, l’abilitazione per insegnare italiano e latino nei licei e per insegnare l’italiano a stranieri. Per me lo sbocco su social network è stato praticamente… una sorpresa!

2. Qual è il vostro social network preferito?

V: Ne cito due: per le discussioni Friendfeed (http://friendfeed.com/, un SN in semi-disuso, ma è quello più simile, per certi aspetti, ai vecchi newsgroup o gruppi di discussione telematici); per controbilanciare l’overdose di “parole”, invece, Instagram.

S: Anche a questa domanda rispondo come forse non ci si aspetterebbe: ho un rapporto personale con i social decisamente moderato (soprattutto poi da quando mi occupo della Crusca!) e non ho un SN preferito: in realtà seguo solo il mio profilo FB, che per me è una finestra sul mio mondo e dintorni, amici lontani e vicini, notizie e curiosità, seguo un po’ il mio account Linkedin, davvero molto poco i miei account Instagram e Foursquare e (altro colpo di scena!) non ho un account Twitter (ma va da sé che ho sempre sott’occhio quello di Crusca!).

3. C’è un sito/blog/pagina che consigliereste a tutti di seguire, a parte gli spazi dell’Accademia ovviamente?

V: Sicuramente Il mestiere di scrivere, di Luisa Carrada, e la sezione Antibufala del sito web di Paolo Attivissimo.

S: Anche qui saltellando un po’ in rete: Carrada, ma anche Farabegoli , Testa e Corbolante.

4. Come si arriva a lavorare per un’istituzione come l’Accademia della Crusca? Ci saranno state delle selezioni durissime per scegliere chi avrebbe dovuto rappresentarne la voce in Rete, soprattutto con dei mezzi delicati come i social network.

V: Io collaboro con la Crusca da quattordici anni, più o meno dalla laurea. Ho lavorato a molti progetti riguardanti i media più tradizionali (radio e tv, soprattutto) e alla creazione di varie banche dati digitali. Da anni faccio parte della redazione del sito web e della consulenza linguistica. Essendo una delle contemporaneiste, qui in Accademia, e forse quella che da più tempo si occupa di “nuovi media”, darmi la responsabilità di Twitter è stato praticamente automatico.

S: Dal 2000 al 2010 ho collaborato con la cattedra di Storia della lingua italiana della Facoltà di Lettere di Catania (sempre tenendo seminari su problematiche storico-linguistiche cinque-secentesche e preunitarie e laboratori di scrittura testuale in lingua italiana!). In realtà però ho non solo fatto linguistica, filologia e storia della lingua, mi sono anche occupata d’altro, per esempio dal 2005 al 2009 sono stata responsabile della comunicazione e dei progetti editoriali del Laboratorio multimediale di sperimentazione audiovisiva (la.mu.s.a.) della Facoltà di Lettere di Catania. In quel periodo, dopo aver seguito corsi di formazione sul trattamento digitale del libro antico, ho tenuto anche diversi laboratori sulla teoria e le tecniche della digitalizzazione del materiale librario sempre per la Facoltà. Nel 2009 (per interesse personale!) ho seguito un corso su Mac OS X organizzato dall’INFN di Catania. Da quando sono in Crusca (2010) collaboro a diversi progetti, lavoro alla redazione della consulenza linguistica e del sito web. Diciamo che questa riconosciuta “versatilità” è bastata per darmi la responsabilità della pagina Facebook e del canale YouTube ufficiali.

5. I social sono pieni di persone che credono di essere custodi della verità assoluta sugli argomenti più svariati. Forse voi siete tra le pochissime persone che potrebbero davvero definirsi tali, per la lingua italiana almeno. Ci avevate mai pensato? Come ci si sente ad avere una “responsabilità” così grande?

V: Io ci penso tutte le volte che twitto. E avere una responsabilità del genere è assieme molto affascinante (in fondo, sfruttiamo una fama pluricentenaria) e molto preoccupante: gli utenti non ci perdonano nemmeno la più piccola svista.

S: Come non pensarci! Mi sento un po’ come il guardiano del faro: sempre presente, sempre attenta che tutto vada bene. Deve essere sempre tutto sotto controllo: non sei tu, sei l’Accademia e quindi sei forte della sua autorevolezza e di quella dei suoi contenuti e appunto per questo non ti si perdona niente!

6. Cosa rispondete a chi vi domanda che lavoro fate? O meglio, qual è secondo voi la definizione di Social Media Manager?

VS: Premesso che non facciamo solo i SMM in Accademia, di certo questa sta diventando la parte più visibile del nostro lavoro. Potremmo dire che il SMM è una figura che si trova a fare da tramite tra l’ente (o l’azienda) e i suoi utenti, o clienti, o lettori, o fan, divulgando notizie sulla sua attività, offrendo piccoli assaggi della sua vita quotidiana, interagendo in maniera per quanto possibile “intelligente” e calma, senza reagire a eventuali provocazioni. Evitiamo in maniera quasi assoluta le discussioni politiche, le oscenità, gli insulti.

7. Che approccio utilizzate per gestire le pagine della Crusca? Piano editoriale deciso in anticipo, più spazio ai post spontanei o una via di mezzo?

V: Per me il piano editoriale è frutto soprattutto della mia esperienza personale di utente dei social; con il passare del tempo, si sono “sedimentate” delle abitudini, delle piccole routine, come twittare quasi ogni giorno il collegamento a una scheda di consulenza presente sul nostro sito, o gli #scattidicrusca, fotografie che documentano momenti della nostra vita in Accademia. Per il resto, il contenuto del profilo dipende molto anche dall'”ingaggio” dei lettori, che spesso ci offrono “ganci” interessanti.

S: La pagina Facebook è una vetrina delle attività, dei progetti e degli eventi dell’Accademia. I contenuti che pubblico riguardano l’attività di consulenza linguistica (ogni giorno una scheda su un dubbio linguistico), gli eventi (convegni, seminari, mostre, rassegna stampa), i progetti (banche dati, dizionari, portali), le pubblicazioni (nuove uscite, volumi in offerta). Inoltre, poiché l’Accademia ha sede nella bellissima Villa medicea di Castello e conserva tra l’altro una ricca collezione di oggetti d’arte, tra cui le famose “pale” (153 dipinti su tavola a forma di pala da fornaio, nei quali sono raffigurati gli emblemi degli accademici), nella pagina pubblico contenuti sulla villa e il giardino e ogni sabato la scheda di una pala (immagine e spiegazione). Ho organizzato tutti i contenuti in album di immagini che rispecchiano le sezioni del sito: La consulenza linguistica, L’Archivio, La Biblioteca, Attività e progetti, Eventi e notizie (agli eventi più importanti sono dedicati album specifici), La villa e il giardino, Le pale di Crusca, Rassegna stampa ecc. Naturalmente non mancano mai post estemporanei in cui la Crusca mostra il suo lato più “umano” (giovani tirocinanti all’opera, la torta preparata della bibliotecaria volontaria ecc.) , quelli suggeriti dagli utenti o proprio dedicati a loro (per esempio le foto dell’Accademia pubblicate su Foursquare).

8. Quante domande ricevete ogni giorno dagli utenti? E di queste, a quante riuscite a rispondere?

V: Su Twitter non sono tantissime, le domande dirette. Direi una media di cinque-otto domande fatte menzionando @accademiacrusca nel tweet. A quasi ogni domanda si riesce a dare facilmente risposta, o tramite le schede di consulenza del sito, che ho già menzionato, o tramite rimandi ad alcune fonti primarie presenti in rete, come ad esempio il DOP, Dizionario di Ortografia e Pronunzia (http://www.dizionario.rai.it/). Le questioni più complesse vengono inoltrate alla Redazione della Consulenza Linguistica.

S: Attraverso i “Messaggi” o la sezione “Post sulla pagina” ricevo da 10 a 20 domande a cui cerco di rispondere (finora sono riuscita sempre a rispondere a tutti!): se la risposta al dubbio è già nel sito dell’Accademia rimando alla scheda, oppure suggerisco altre risorse affidabili in rete (dizionari, banche dati ecc.) utili a chiarire il dubbio; se invece il quesito propone un nuovo argomento ancora da trattare, suggerisco di compilare il modulo “Poni un quesito” nel sito dell’Accademia (http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/poni-quesito).

9. Qual è il complimento più bello che avete ricevuto da un utente? E la critica peggiore?

V: Non saprei, per me i complimenti più cari sono quelli in cui le persone ci esprimono la loro gratitudine. Critiche ce ne sono sempre state e sempre ci saranno, non si può stare simpatici in modo universale… ma in generale, non mi faccio molto influenzare da chi ci critica. Spesso si nota una certa volontà di provocare un flame, una rissa verbale. A quel punto, la cosa più saggia è passare oltre.

S: È vero i ringraziamenti fanno sempre piacere (cuoricini compresi!), ben accette anche le critiche costruttive, le provocazioni? Siamo “ben tetragone ai colpi di ventura”!

10. Quanto siete favorevoli all’utilizzo di inglesismi quando esiste un corrispettivo perfetto anche in italiano (mi riferisco a termini come engagement, reach et similia)?

VS: La questione è molto più complessa di quanto si possa affrontare in un’intervista. La Crusca si è occupata ampiamente della questione (cfr. ad es. qui http://www.accademiadellacrusca.it/it/tema/lingua-inglese-universit) e ogni sintesi sarebbe riduttiva. Diciamo che l’optimum sarebbe di evitare l’abuso di anglismi, spesso impiegati solo per “darsi un tono”. Mentre in certi settori specifici, l’inglese ha senso di esistere per questioni di chiarezza, comprensibilità ecc.

11. Dulcis in fundo, vi prometto che è l’ultima: nell’era del selfie e dei dialoghi in 140 caratteri c’è ancora speranza per il congiuntivo e il periodo ipotetico?

VS: Premesso che nei selfie non c’è niente di male e che pensiamo che doversi esprimere in 140 caratteri possa essere un utile esercizio di sintesi, i social network non sono altro che uno specchio di una realtà (in questo caso linguistica) più ampia: se le persone sui social sbagliano congiuntivi o non costruiscono correttamente i periodi ipotetici è perché magari hanno delle lacune in generale. Ci sono molti manierismi tipici dei cosiddetti nuovi media (le abbreviazioni, le tachigrafie, le trascrizioni giocose di pronunce inglesi, ecc.) che hanno un senso in questo contesto comunicativo, e ovviamente sarebbero un errore se usate in altri contesti. Di per sé i social, secondo noi, non “rovinano” l’italiano. Sono solo un ulteriore ambito comunicativo che si aggiunge a tutti gli altri, creando, tra l’altro, nuovi spazi per nuovi usi del mezzo scritto.

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