Moda, arte, musica e comunicazione post-lockdown.

Si è detto, si dice e si dirà molto sul rapporto tra pandemia e comunicazione post lock-down, con particolare riferimento ai suoi aspetti digitali, e sulla velocità con la quale il Covid-19 ha stravolto le nostre esperienze quotidiane: l’organizzazione del lavoro, le visite mediche, le riunioni di famiglia, gli spostamenti, il contatto con l’altro, lo shopping e il tempo libero, così come la fruizione di arte, musica e moda.

La voracità con la quale il mondo ha consumato internet e i contenuti digitali durante la pandemia è stata senza precedenti, tanto da provocare imprevisti problemi di traffico alle infrastrutture di rete, che spesso non sono riuscite a sorreggere la grande quantità di dati circolanti, e tanto da mettere a dura prova la resilienza degli shop online, per non parlare degli aspetti legati alla socializzazione e alla socialità, sui quali sono stati spesi fiumi di inchiostro accademico.

In effetti Internet e i social media sono stati gli unici mezzi capaci di colmare nell’immediato le distanze, a volte emotivamente siderali, generate dal lock-down.

Questo turbinio fatto di transazioni sul web, di impennate di acquisti online, di sforzi logistici, di caccia alle informazioni in tempo reale sui siti, alimentato dalla necessità quasi ossessiva di informazioni, prodotti e socialità online, ha creato un nuovo imprinting, addirittura una vera e propria ‘faglia’ nelle abitudini consolidate e nel rapporto che i consumatori, i cittadini e le persone in generale, hanno con la rete digitale. Concetti come permeabilità tra online ed offline, marketing esperienziale, funnel e consumi cross-mediali, a cavallo tra realtà fisica e realtà virtuale, che trovavano spazio timidamente nelle pratiche della comunicazione, si sono ora imposti con preponderanza e prepotenza.

Come è cambiata la comunicazione post lock-down?

Di una cosa, anche ignorando le evoluzioni future, si può essere certi: la presenza online è divenuta una condicio sine qua non per qualsiasi attività commerciale, a prescindere che il business sia in rete, offline o misto, che si tratti di beni o di servizi, o che si operi nel settore B2C o B2B.

Lo spazio virtuale di internet si è sublimato a spazio reale, in forza della voracità di fruizione durante il lock-down: un’abitudine, questa ipertrofia del digitale, iniziata nel periodo di stop e di reclusione forzata, che continua tuttora. Un imprinting, appunto.

Nasce così una comunicazione post-lockdown spinta, e in parte forzata, dalla necessità di arrivare a un pubblico perennemente connesso e mai così attento, anche in quei settori che si erano tenuti lontani dalla digitalizzazione e che vedevano nell’offline il cuore della propria esperienza comunicativa.

Da qui il divario tra chi ha saputo interpretare la nuova realtà e sfruttarla a proprio vantaggio e chi è rimasto ancorato a vecchie logiche e adesso rischia di arrancare. Diversi settori hanno reagito in diverse modalità e bisogna ammettere che alcuni hanno saputo reagire meglio, in maniera più creativa.

La fruizione della moda cambia

Pensiamo al mondo della moda. Il post COVID ha rivoluzionato la geografia e le tempistiche di produzione e promozione nei settori del fashion e del luxury.

Per paradosso, possiamo osservare che in Italia si è acuito il senso di localizzazione del brand, prendendo distanza dalla massificazione che li vedeva concentrati a Milano, a favore di una volontà di ricollocare i fashion brand nella loro città di origine.

È il caso di Bulgari, la sua nuova campagna di comunicazione su Instagram è completamente dedicata alla Città Eterna, Roma e ancora di più Fendi, da sempre bandiera e promotrice del Made in Roma.

Fendi, che ha già innalzato a proprio quartier generale il meraviglioso Palazzo della Civiltà e che già si era fatta notare per attività di comunicazione a favore della capitale, ha deciso di unirsi a un’istituzione di grande rilievo, l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. La prestigiosa scuola musicale è stata coinvolta per il progetto FENDI Renaissance – Anima Mundi, che ha trovato come proprio palcoscenico il mondo virtuale per un evento streaming.

Il giorno del solstizio d’estate, lo scorso 21 giugno, le note dell’Estate di Vivaldi hanno vibrato nell’aria di Roma e nelle case di influencer, follower e fashion victims per portare, attraverso la bellezza della musica e con un tocco glamour, un messaggio di rinascita e di unione, complice la partitura dal forte effetto emotivo, che prima prevede gli strumenti ‘separati’, per poi tradursi in un corale climax finale, uno sforzo comune verso la medesima meta. L’evento è poi stato condiviso con l’hashtag #FendiAnimaMundi.

Fendi Anima Mundi
#FendiAnimaMundi, un messaggio di rinascita con un tocco Glam

Se già l’aspro endorsement di Giorgio Armani ha tuonato contro la parossistica, eccessiva velocità della moda, facendo tremare l’intera industry ai toni di un anatema tanto incisivo (leggi la Lettera di Giorgio Armani al mondo della moda, ndr), la geografia della moda e della sua comunicazione appare sempre meno concentrica e, sì è detto, sempre più differenziata, anche e soprattutto in virtù di una sua fruizione e di un conseguente consumo sempre più digitale.

È il caso di Dior, che ha scelto il giardino più bello al mondo secondo il New York Times, il giardino di Ninfa, nell’insospettabile provincia di Latina (già scelto in realtà da Gucci anni fa, ndr), per ambientare il suo fashion film “Le Mythe, Dior”, realizzato dal celebrato regista Matteo Garrone. Un delizioso cortometraggio dove prendono vita il teatro della moda e le sue muse.

Le Mythe Dior, di Matteo Garrone
Le Mythe Dior, cortometraggio di Matteo Garrone

Restando alla maison Dior, la griffe ha puntato ancora più a Sud, a Lecce, città d’origine di Maria Grazia Chiuri, direttore creativo del brand parigino, che ha voluto il barocco salentino come scenografia di una sfilata che rimarrà negli annali, la Collezione Cruise 2021, privata e visibile solo online.

Dior Collezione Cruise 2021
Dior, Collezione Cruise 2021, sfilata online

E mentre Chiara Ferragni posta le sue foto al giardino di Ninfa, visitabile tramite mostra virtuale (guardacaso poco tempo prima del lancio del cortometraggio), in Vaticano e anche agli Uffizi, sembra che le consuete fashion week, quelle settimane impazzite, eccentriche ed eccessive dedicate a concentrare sfilate ed eventi, siano lontane anni luce, in favore della nuova geografia, sia fisica che virtuale, del mondo della moda. Nel frattempo, dalla spagnola INDITEX, madre del brand Zara, ecco un’idea per la collezione primavera/estate 2020 della casa di fast fashion – che nel mentre deve però confrontarsi con un’incertezza delle vendite offline nei negozi.

Se non è possibile “portare a casa” gli abituali shooting per la propria campagna, cos’altro fare allora?

La risposta spagnola è semplice, si fa per dire: affidarsi a uno speciale “fai da te” con modelle di calibro internazionale. Ecco che nomi come Malgosia Bela, Tasha Tilberg, Lexie Smith, Cara Taylor, Deirdre Firinne e Giedre Dukauskaite diventano protagoniste di una insolita campagna da casa loro, che diventa appunto un domestico set “fai da te”. Chapeau allo stile ‘informale’, décontracté delle modelle, per l’occasione fotografe di sé stesse. Anche qui, le pagine patinate dei giornali hanno ceduto il passo ai più prosastici social media.

Zara, shooting fai da te della collezione primavera/estate
Zara, shooting fai da te della collezione primavera/estate: Malgosia Bela

 

 

La musica apre nuove strade

Se la moda ha reagito incrementando l’online, allontanandosi dalla geografia standard del fashion e combinandosi tra l’online e l’offline, come hanno reagito il mondo della musica e, più in generale, dell’arte?

Come risposta alla cancellazione dei concerti e delle esibizioni, le piattaforme di chat & meeting come Zoom si sono popolate di cantanti e musicisti che, da casa si sono impegnati nel complicatissimo esercizio di tenere concerti a distanza, a favore di un pubblico sempre più entusiasta. In modo simile molti profili Instagram si sono popolati di musica e note.

Torna il concetto di mostra digitale

E che dire del mondo dell’arte? Se, da un lato, la fruizione delle mostre d’arte si è congelata durante il lock-down ed ha ripreso a spizzichi e bocconi nella fase del rilascio, gli utenti hanno potuto recuperare il concetto di mostra digitale.

Nulla di innovativo, se ne parlava da anni, forse sin da Walter Benjamin, ma il mondo di internet era considerato troppo freddo per veicolare la bellezza dell’arte. Certo, l’aura di Benjamin sembrerebbe toccata dalla digitalizzazione, ma qual è il trade-off tra fruire dell’arte attraverso la digitalizzazione di internet, ed il non fruirne affatto? Lasciamo agli studiosi di estetica la risoluzione a questa domanda.

Online, per necessità e convenienza

In questa convergenza verso il digitale anche quei settori che avevano fatto dell’offline uno stendardo del loro DNA, si sono dovuti confrontare con la famelica voglia di internet provocata dal COVID e, forse con o forse senza stupore, alcuni settori sono stati super resilienti.

C’è una morale in questa breve carrellata? Sì, parrebbe: la presenza online è oggi una grande opportunità ed prima ancora una necessità obbligata: uno specchio a due facce che riflette la nuova realtà, per la quale diventa impossibile e dannoso improvvisare la propria presenza online, parimenti se non più importante di quella offline. Protagonisti di questa nuova realtà, tutti gli attori che sapranno cavalcare l’onda e innovare il proprio modo di comunicare.

Uno di questi, è sicuramente Vallè: scopri qui la sua storia di successo!

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